Quali sono le modifiche più importanti apportate al motore, fatte sia per migliorare il prodotto che per rimediare ad eventuali problemi ricorrenti?
“La termica radiale dei motori Matta, ispirata ai motori Simson, si sviluppò nel tempo, e venne introdotta con largo anticipo sui concorrenti come Minarelli e Franco Morini, facendo di Guazzoni un precursore in questo campo. Altra novità importante è il cambio estraibile, a 4 o 6 marce. Per montare l’uno o l’altro non era necessario modificare il carter, ma introdurre diversi flangia e distanziale. Il motore che può montare il cambio a 6 marce ha inoltre gli attacchi posteriori per il telaio più larghi. Le due trasmissioni erano intercambiabili: portando la moto in ditta e con la spesa di 40.000 lire, il cliente poteva sostituire il suo cambio a 4 marce con quello a 6. Inizialmente il coperchio di sinistra non ha l’incavo alla base della leva della messa in moto, poi viene fatto per farla lavorare meglio. La sede di innesto della valvola rotante è prima rettangolare, poi esagonale e per l’ultima serie è conica su chiavella. Poi viene rinforzata la frizione, un punto sempre un po’ delicato e soggetto a rapida usura causa la potenza di questi motori che era di 7/8 CV, aumentando lo spessore della campana e delle molle. Il motore della prima serie del Matacross aveva la sede del cuscinetto di banco sinistro sul coperchio della valvola rotante e non reggeva a lungo, perciò con la seconda serie si è provveduto a spostarla sul carter centrale. Un altro punto debole a cui invece non si è mai posto rimedio, perché si sarebbe dovuto riprogettare il tutto con costi insostenibili, era il meccanismo della messa in moto, che lavora all’esterno del motore, protetto solo dal coperchio del carter e vicino al pignone della catena. In fuoristrada a causa del fango trascinato all’interno dalla catena l’ingranaggio si usurava e perdeva efficienza. Così, oltre a cadere la catena dal pignone, questa andava a rompere il coperchio stesso del carter. Ciò non succedeva sul Matta da strada dove le condizioni di utilizzo non erano così gravose. Ma anche il pistone poteva dare problemi. Noi usavamo gli Asso, garanzia di qualità, ma gli alti regimi, e soprattutto le elaborazioni a cui i Matacross venivano sottoposti fuori dalla fabbrica da mani inesperte, provocavano grippaggi e surriscaldamenti, anche a causa degli oli del tempo, non così efficaci come oggi. Il cambio a 6 marce rispetto al 4 era più delicato, mentre la trasmissione primaria a catena inevitabilmente con l’usura prendeva gioco”.
Quali sono le cause che portano alla chiusura della Guazzoni?
“Certamente la concorrenza sempre più forte di Minarelli e Franco Morini, oltre che di Sachs e Zündapp. I nostri motori da 50 cc a disco rotante venivano a costare troppo, oltre a non essere il massimo in fatto di affidabilità. Potenti e raffinati, ma inferiori agli altri in quanto a robustezza e durata. Ciò provocava un notevole ritorno in ditta per riparazioni, spesso anche di motori seminuovi. Peppino, che rispetto ad Aldo Guazzoni era più aperto come vedute, spesso si scontrava col padre riguardo all’opportunità di smettere, almeno in parte e per un periodo limitato, la produzione di motori da 50 cc per acquistarli già fatti da Minarelli o Franco Morini. In questo modo si sarebbe ottenuta una notevole semplificazione interna, oltre a grande risparmio di tempo e denaro, e anche un maggior guadagno alla fine, perché quei motori realizzati su larga scala costavano molto meno. Il nome che avevamo ci avrebbe comunque garantito buone vendite anche così, anzi avremmo acquistato quella sicurezza economica che già mancava all’inizio degli anni Settanta. Riacquistata una posizione più solida, diceva Peppino, si sarebbe potuto continuare a produrre il Matacross col motore Guazzoni a disco, investendo per perfezionarlo al fine di rimediare ai problemi che ho accennato. Ma Aldo Guazzoni era irremovibile. ‘Finchè ci sarò le mie moto monteranno i miei motori’, diceva, e il discorso finiva lì. Così la situazione economica della ditta si è fatta sempre più preoccupante. I fornitori non venivano pagati, o comunque con difficoltà e ritardo, e lo stesso gli stipendi di noi dipendenti. E poi è arrivata quella brutta storia che ci ha dato il colpo di grazia”.
E cioè?
“Non ricordo l’anno preciso, comunque all’inizio degli anni Settanta un ragazzino che aveva appena ritirato un nuovo Matacross ha fatto un incidente mortale tornando a casa sua. Il padre, o forse un suo stretto parente, era un avvocato importante che, indagando sulle cause del sinistro, si è accorto che il ciclomotore era invece una motoleggera, perchè, come consuetudine di quasi tutti i costruttori di allora, la potenza era ben superiore a 1,5 CV che il Codice imponeva. I famosi modelli cosidetti Export che avrebbero dovuti essere riservati all’esportazione appunto, in realtà erano quelli regolarmente venduti, e così era anche per la Guazzoni. Così è scattata una denuncia e, a parte la causa con l’avvocato di cui non so molto, la Motorizzazione Civile ha vietato alla Guazzoni di vendere il Matacross e il Matta annullando il DGM, se non previo controllo e relativa omologazione per ogni esemplare costruito. Il Matacross, a parte la potenza di 7/8 CV contro l’1,5 consentito, non rispettava la normativa sul peso del motore che, secondo le regole, per un ciclomotore non poteva passare i 16 kg, contro i 21 del nostro. Per superare l’ostacolo abbiamo pensato di tornire l’alettatura del cilindro, guadagnando così un paio di kg, montare una testa più piccola e, tra virgolette, di.... ‘alleggerire’ l’interno del motore. Più o meno ogni mattina dalla fabbrica partiva il furgone carico di 5 Matacross diretto alla Motorizzazione di Milano in via Colleoni. I Matacross però erano sempre gli stessi, alle quali cambiavamo il serbatoio, e così il colore, e modificavamo il numero di telaio che poi veniva riportato sul telaio di un’altro Matacross che veniva venduto. Quindi ci presentavamo alla zona collaudo dove l’ingegnere controllava il peso, il carburatore, la misura delle gomme, il numero di telaio e il rumore allo scarico. I libretti così ottenuti servivano per regolarizzare le moto già vendute - magari un anno prima - che circolavano con il classico foglio provvisorio. Per un po’ la cosa è andata, ma un giorno l’ingegnere mi ha chiesto la prova dinamica per verificare la frenata... ed è scoppiata la bomba! Perchè prima ho detto ‘alleggerivamo’ l’interno del motore... tra virgolette? Perchè dentro non montavamo il cambio! Ma l’ingegnere si era accorto da tempo che le moto erano sempre le stesse, nonostante la sostituzione del serbatoio, ed era stanco di sopportare il trucchetto. Così abbiamo dovuto studiare un cambio alleggerito e quant’altro per rientrare nei parametri di omologazione, attingendo alle già scarse risorse economiche. Gli ulteriori tentativi di Peppino verso il padre per adottare il Minarelli, che pesava solo 13 kg, andarono ancora a vuoto nonostante questa mazzata, che credo abbia davvero pesato sulla fine della Guazzoni. Pensate che oggi ci sono ancora dei Matacross in attesa del regolare libretto di circolazione! Così l’avventura della Guazzoni si è chiusa tristemente. Io però me ne ero già andato, stanco di una situazione così incerta ed anche di lavorare senza vedere lo stipendio a fine mese”.