Honda NR500 a pistoni ovali: il grande flop

Vi raccontiamo la storia della NR500: ovvero, come Honda ha preso una sonora cantonata. Poi si è trasformata nella moto di serie più costosa al mondo, la NR750

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Se siete la grande Honda sapete costruire di tutto, letteralmente dalla più piccola moto all’aeroplano, passando per le motozappe e i robot. Niente limiti alla fantasia meccanica della Casa alata. La fervida immaginazione dei progettisti viene affidata, perlopiù, alle competizioni, che nel nostro caso interessano, ovviamente, le moto. Nella grande gara tra la Casa giapponese e il resto del mondo, la Honda si è sempre distinta per la ricerca esasperata nel far rendere al meglio il motore a quattro tempi, grande “passione”, anzi assoluto “credo”, di Soichiro Honda, istrionico e visionario fondatore del colosso a due ruote mondiale. In qualche caso, questa assoluta ricerca nel far progredire il 4T si è scontrata con la una durissima realtà, contro la supremazia indiscussa del motore a 2T. Ma anche in questo caso la Honda ha saputo mettere a frutto la sua caratura tecnica, ma questo è un altro caso che si chiama NS500 tre cilindri.

Ritorniamo nella tecnologia di molle e valvole a 4T e di una delle più straordinarie moto da GP. E anche una delle più deludenti 500 che si sono viste nel Motomondiale. Parliamo della NR500 a pistoni ovali. È stata una affascinante quattro cilindri V di 100°, altissima nella tecnologia costruttiva, bassissima nel rendimento in gara. Nel 1979 la Casa giapponese ritorna nelle competizioni e lo fa con una quattro tempi contro un mondo di moto a due tempi. Il debutto è a Silverstone e la segretezza che la circonda è massima. Ai box la moto è sempre coperta, al pari di quando lascia e rientra nella grande tenda blu che fa da officina. A capo del progetto c’è l’ingegner Soichiro Irimajiri, delfino di Honda, responsabile del Reparto Corse e dalla provatissima esperienza in 4T, che coinvolge la bicilindrica di 50 cc, la cinque cilindri 125, la sei cilindri di 250 cc. Tutti motori che viaggiano a regimi stratosferici, vicini ai 20.000 giri/min.

Torniamo alla segretezza della NR e di come è stata svelata la sua incredibile tecnologia. Tutta colpa di un buco, un’apertura ricavata nella tenda per far respirare i meccanici che accudiscono alle moto di Mike Grant e Takazumi Katayama. Così compare una macchina fotografica e Franco Varisco, bravissimo e sensibile fotografo monzese che ama le moto e le auto da F1 (comprate il suo volume del 1966: “400 CV nella schiena”) non si fa scappare l’occasione di svelare questo segreto.

Non è solo il motore a pistoni ovali a stupire: il telaio è una monoscocca in lega leggera, i radiatori di raffreddamento sono due e posti all’esterno della carenatura, dove vengono lambiti dall’aria che proviene da un’apertura sulla carenatura; la forcella Showa ha gli steli rovesciati ma le molle sono esterne; il forcellone è infulcrato sul motore e l’intero blocco-propulsore-sospensione posteriore si sgancia facilmente dalla scocca portandosi dietro i comandi di acceleratore e frizione. Ovviamente, sono i pistoni ovali che catturano la massima attenzione.

I pistoni ovali

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L’idea era venuta a Irimajiri pensando alla 500 8 cilindri dell’ingegner Carcano, solo che il regolamento del 1979 non permette lo stesso numero dei cilindri del 1957, limitandoli a quattro. Ogni pistone ha forma ovale e due bielle a sorreggerlo, mentre nella camera di scoppio oblunga sono piazzate 8 valvole, equamente divise tra aspirazione e scarico, e due candele. La distribuzione ha assi a camme in testa azionati da una cascata di ingranaggi sul lato destro del propulsore. La potenza dichiarata del V4 del 1979 è di 115 CV a 19.000 giri/min, ma probabilmente si avvicina ai 90 CV, come ricordava il tecnico Carlo Murelli che ha lavorato al Reparto Corse Honda su questo motore sin dall’esordio nel Mondiale.

La moto esordisce nella penultima gara del campionato iridato. Siamo a Silverstone e non va… Nel senso che fatica moltissimo a mettersi in moto: i meccanici spingono come disperati per centinaia di metri prima di sentire il lancinante rumore di scarico. I due piloti si schierano al GP d’Inghilterra in fondo alla griglia e addirittura Grant partecipa alla gara solo perché i piloti finiti davanti a lui nelle prove cronometrate evaporano, si dice a suon di sterline pesanti. Il pilota inglese non fa nemmeno un giro, cade alla prima curva con la moto che va a fuoco, il giapponese percorre due tornate con il motore che va in ebollizione, per lo scarso raffreddamento dei radiatori laterali. La gara successiva è quella di Le Mans, ma le NR non si qualificano. La moto è pesante (140 kg, davvero difficile da mettere in moto e l’impianto di raffreddamento è un “bollitore” per il the. Il soprannome “Never Run”, non va mai, dalla sigla che precede la cilindrata di 500 cc, la accompagna anche nel 1980 dove si cambia il telaio monoscocca con un altro tradizionale in tubi – costruito in Inghilterra da Ron Williams – il motore ha il treno degli ingranaggi in centro, la V tra i cilindri ridotta sino a 90°per contenere gli ingombri. Si fa uso intensivo di magnesio per diminuire il peso, ma non c’è una soluzione definitiva, addirittura insorgono problemi di affidabilità sempre legati a un motore al calor bianco.

Il 1981 è l’ultimo anno di vita della NR, se ne va in pensione senza aver preso un punto nel Motomondiale e viene ricordata solo come un bellissimo esercizio di tecnica. D’altra parte, in parallelo al progetto NR, Honda ha in cantiere una NS a due tempi, che butta in campo nel 1982. IL suo motore ha una configurazione non proprio ortodossa perché ha solo tre cilindri al posto dei quattro della consolidata concorrenza, ma la guida un pilotino niente male che si chiama Freddie Spencer: vince in Belgio e al Mugello arrivando al terzo posto finale, mentre l’anno dopo vincerà il duello con Kenny Roberts portandosi a casa il titolo all’ultima gara di Imola.

La Endurance

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Ma… Honda ha la testa dura, nel senso che il progetto NR dai pistoni ovali non va in naftalina, ma si ripresenta nel 1987 sotto forma di prototipo da Endurance. Per far dimenticare la figuraccia nel Motomondiale si riporta la innovativa tecnologia alla 24 Ore di Le Mans. Per la ciclistica e la carenatura si usa il materiale della RVF ufficiale mentre il motore cresce a 748,7 cc, con una bancata a V di 85° tra i cilindri. Per la potenza si parla di 150 CV a 15.250 giri/min quando la works bike da Endurance ne ha 10 in meno. In prova la “pistoni ovali” impressiona per velocità massima e accelerazione fuori dalle curve e l’australiano Malcom Campbell riesce a staccare il secondo tempo dietro la RVF tradizionale. Il destino di questa moto straordinaria si interrompe alla terza ora di gara con una biella che rompe la sua connessione con l’albero motore. La NR750 viene portata in Australia alla fine dell’anno e con lo stesso Campbell vince una manche della Swann Series.

La stradale

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Ma, ancora, la saga della NR non finisce perché nel 1992 diventa la moto di serie più costosa al mondo. La Honda produce 322 esemplari della NR750 derivata da quella da Endurance ma con un carattere più stradale, dal motore, alla ciclistica, all’abitabilità, alla carenatura. Nel 1992 siamo di fronte alla più sofisticata e tecnologica moto mai costruita. Realizzata a mano, al ritmo di tre pezzi al giorno, nella fabbrica di Hamamatsu con largo uso di titanio, magnesio, fibra di carbonio e pure di argento, quello che ricopre la chiave di contatto. Il motore a pistoni ovali riprende le stesse caratteristiche di quello del 1979 e ha una potenza di 125 CV a 14.000 giri/min.

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