di Marco Riccardi
01 March 2021

Omobono Tenni: storia di un pilota leggendario

Siamo in pieno ventennio fascista davanti alla Guzzi (la testimonianza è la frase sul muro di cinta). Tenni è in mezzo alla strada, ancora sterrata, che porta sul lungolago di Mandello del Lario. Non c’è sfida nel suo sguardo, mai diresti che questo elegante signore è l’inimitabile vincitore del Tourist Trophy

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Omobono Tenni, l’inimitabile, è morto. Motociclismo racconta in un emozionante “pezzo”, pubblicato sul numero 25 del 1948, la perdita di questo Asso tra gli Assi, deceduto il 1° luglio in allenamento sul circuito cittadino di Bremgarten, in Svizzera, alla periferia di Berna. Guida una Guzzi Albatros 250, moto maneggevole, per lui facile. In curva la pedana s’impunta nel terreno, il pilota di Tirano viene sbalzato dalla sella, nel volo sbatte il capo contro un albero e muore all’istante. Nell’ultimo viaggio da Mandello a Treviso, come un eroe di guerra adagiato su un affusto di cannone, il suo corpo trova posto su un camion bardato a lutto della Moto Guzzi. Negli ultimi chilometri petali di fiori, lanciati da aerei che sorvolano il corteo, ne coprono il feretro.

La vittoria del Tourist Trophy del 1937 è il suo successo più grande: è il primo pilota italiano, ed è pure il primo pilota non inglese, a vincere il Lightweight 250. Il “folle abbandono” che accompagna il commento del giornalista della radio britannica, amplifica l’impresa di un campione dalla immensa superiorità. La classica dell’isola di Man gli rimarrà nel cuore, tanto che soprannominerà “Titino” il figlio Giuseppe nato nel 1935. Nel 1948, Tenni quasi ripete l’eroica gara di undici anni prima: la categoria è la Senior -cioè la 500 cc-, la sua Guzzi è la poderosa bicilindrica. A 43 anni Tenni mette in pista tutto quello che ha: suo il record sul giro, ma la moto non resiste al ritmo infernale, fa fuori candele e molle valvole. Dopo la morte, a Mandello, giungono lettere di appassionati britannici presenti all’ultimo TT disputato poco prima del fatale incidente di Berna; una di queste commenta così l’audace impresa: “Io e mia moglie ci trovavamo alla fine della discesa di Bray Hill. Il volo di Tenni lungo la discesa è stata una delle cose più straordinarie che mai abbiamo visto. D.G.”.

Tenni non ha paura di nulla. Così racconta l’ingegner Giulio Cesare Carcano, il padre della straordinaria 8 cilindri 500: nel 1937, mentre era in allenamento per il circuito del Lario, il pilota di Tirano ha un incidente. Va a sbattere contro un carro agricolo e ci rimette due dita del piede destro. Senza un lamento, le raccoglie e le mette in un fazzoletto che infila in un taschino della tuta. All’ospedale, mentre si soffia il naso, le dita cascano dal fazzoletto: “Ah, me ne ero quasi dimenticato” è il suo commento.

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