Certo è che se siete una motocicletta e vi danno della “bara volante” non c’è da stare allegri. Ebbene, questo era il simpatico nomignolo che accompagnava la Kawasaki Mach III 500, una splendida naked datata 1969 dove un mostruosamente efficace, potente e rabbioso motore tre cilindri 2T da 59 CV (a 8.000 giri/min) era mal contenuto in un telaio che non era proprio il massimo della rigidità. Impennate da brivido e curvoni ballerini erano il pane quotidiano con cui si accompagnava questa moto davvero unica nel panorama mondiale. In effetti, telaio a “budino”, freni a tamburo scarsamente efficienti e sospensioni eccessivamente soffici richiedono piloti di una certa esperienza. “Astenersi incapaci e principianti”, invoca sin dal primo approccio la Kawa, e fa subito capire le sue intenzioni, ma dalle nostre parti siamo tutti allenatori da serie A, pure piloti di Formula Uno e se ci piacciono le moto ci chiamiamo, ovviamente, Giacomo, nel senso del 15 volte campione del mondo. Così la Mach III trova grande successo anche da noi, visto pure il prezzo di acquisto comunque abbordabile: costa 880.000 lire mentre la Suzuki Titan 500 arriva a 830.000 lire, una Moto Guzzi V7 Special quota 820.000 lire e una BSA Rocket 3 750 ben 1.300.000 lire. La nuova Mach III si vende bene proprio per le sue caratteristiche beluine (in nove anni di produzione, dal 1969 al 1977, ne sono state costruite 117.509), ma incombe la rivoluzionaria Honda CB750 Four che, in effetti, ha tutte le carte in regola -e anche di più- per piacere: il suo rotondo motore quattro cilindri 4T eroga 67 CV, la costruzione generale è solidissima, le sospensioni adeguate alla velocità e monta un vero freno a disco che lavora a dovere. Quando la CB 750 entra in produzione nel 1969, Kawasaki ha, in effetti, in cantiere una 4T quattro cilindri di 750 cc, ma è in ritardo sullo sviluppo della sua “Bistecca di New York”, questo il nome in codice dei prototipi di quella che diventerà la Z1 900. Per contrastare la rivale giapponese bisogna crescere di cilindrata e prestazioni, ma questo richiede altro tempo da dedicare alla progettazione e alle prove.